La crisi d’impresa è un fenomeno piuttosto diffuso, soprattutto in tempi di incertezza economica e lavorativa come quelli presenti. Fortunatamente, la situazione economica sfavorevole all’interno della quale si può trovare un’attività è reversibile, sebbene in questo caso sia richiesta una buona capacità manageriale e non farsi prendere dal panico, avvenimento spesso possibile se il deficit economico è molto elevato. In questo caso, serve concentrarsi sulla gestione della crisi di impresa, predisponendo tutte le accortezze necessarie in grado di riportare l’attività su un percorso che la porti a monetizzare e fare liquidità. In questi casi, affidarsi a un consulente specializzato in crisi aziendale e processi di risanamento può risultare decisivo, permettendo di uscire dallo stallo in tempi celeri e dando vita a quel percorso di cambiamento radicale e netto in grado di rimettere l’attività su binari specifici di redditività.
La definizione giuridica ed economica della crisi d’impresa
La crisi aziendale ovvero d’impresa è tale quando all’interno di un’attività di qualsiasi tipo – non importa infatti che sia un SRL, SPA, SNC – venga a verificarsi una situazione per cui uno squilibrio economico o finanziario possa arrecare dei danni non temporanei e comunque pericolosi, che tendono a creare insolvenza. Il risanamento, invece, insieme ai processi utili necessari ad invertire questo trend sono tutte le manovre tipo giuridico, imprenditoriale ed economico volte a impedire che la crisi si aggravi.
Solitamente, quando si parla di crisi d’impresa ci si riferisce ad un problema di tipo strutturale piuttosto che uno meramente economico e sono diversi gli indici e i segnali che fungono da campanello d’allarme.
I segnali della crisi d’impresa, quali sono
Solitamente, gli indici di allerta crisi d’impresa sono facilmente riscontrabili nelle attività di tutti i giorni. Le difficoltà, infatti, sono precedute da un declino lento ma palese nella condizione economica che si aggrava sempre di più. A seconda delle diverse realtà osservate e dall’attività prevalente dell’impresa, sono diversi i motivi che la comportano. In via del tutto esemplificativa può prendersi il caso dell’impresa edile che, dopo aver effettuato dei lavori molto costosi – e remunerativi – non riesce però a trasformare in liquidità il suo credito per mancanza da parte del committente. In questo caso, sebbene da un lato dipendenti e fornitori debbano essere pagati, dall’altro manca la liquidità necessaria a farvi fronte.
Questi problemi sono di natura strutturale: in primis, infatti, manca una gestione e valutazione del rischio di esposizione debitoria, con il ricorso frequente a scoperti o assegni per pagare il materiale. Per questo motivo, la crisi d’impresa è solitamente strutturale e parte dagli organi predisposti a vigilare sulla salubrità dei conti. Quando vengono gestite male le fasi iniziali a prescindere dai fattori – che comunque possono essere anche di tipo esterno, basti pensare ad un ciclo economico sfavorevole – comincia il declino dell’attività imprenditoriale e del valore recondito della stessa.
É qui che deve cominciare il processo di risanamento, appena si fanno palese i primi indici della crisi d’impresa. Se questa non avviene, allora, le difficoltà economiche si accumulano e tutte assieme diventano una crisi: questa può tramutarsi semplicemente in una difficoltà economica transitoria o nell’estratto conto di quale mese in rosso, ma sul lungo andare è un vero e proprio deterioramento dei cashflow finanziario – sia in ingresso che in uscita – che può trasformarsi naturalmente in una vera e propria condizione di inadempimento. Naturalmente, quello che succede alla fine è scontato: insolvenza totale e rischio di perdere del tutto la propria autonomia lavorativa, il futuro dell’impresa ed esporsi a conseguenze come le citazioni giudiziarie.
Come far fronte alle crisi d’impresa
Se i segnali di una crisi aziendale vengono intercettati prematuramente – o comunque nella loro fase embrionale – è possibile trovare il modo di come far fronte alle crisi d’impresa. In questo momento risalta anche la bravura dell’imprenditore, il quale in base alla sua esperienza e le attività lavorative conosce meglio di chiunque altro le esigenze specifiche della propria azienda. Molto spesso, comunque, l’imprenditore può essere indaffarato con altri lavori o non riuscire in alcun modo a curare correttamente anche l’aspetto economico e finanziario. Per questo, per far fronte alla crisi di impresa serve molto spesso un consulente qualificato.
Se, comunque, la fase antecedente all’arrivo della crisi è stata già abbondantemente superata e l’impresa si trova in problemi già manifesti (basta pensare al crollo della liquidità), è possibile risolvere la crisi aziendale e avviare processi di risanamento. Per costruire la sostenibilità della propria impresa, l’imprenditore può provare a percorrere la strada di un piano di ristrutturazione del debito, oppure al concordato o alla transazione fiscale. Per mettere in pratica una strategia simile bisogna in coinvolgere tanto i processi di ufficio che quelli lavorativi. Coordinarli può richiedere adoperare delle forze di natura esterna come ad esempio un consulente. Il fine, naturalmente, è quello di portare alla riorganizzazione dell’azienda e uscire dalla crisi d’impresa.
Un errore fatto molto spesso in questo momento è quello di limitarsi a rientrare nella crisi senza, in seguito, rimuovere i fattori o le inefficienze che l’hanno creato. L’obiettivo infatti è quello di rimuovere i fattori che hanno scatenato la crisi, permettendo così al ritorno dell’equilibrio finanziario. Ricomporre la crisi d’impresa, in questo senso, deve essere il trampolino di lancio che porti all’apertura di nuovi canali di guadagno e di monetizzazione: l’apertura a nuove possibilità di business è sempre un bene perché la differenziazione delle attività di impresa porta alla suddivisione del rischio di impresa e alla possibilità di compensare eventuali mancanze economiche con nuovi e tangibili introiti.